Mio padre sapeva

di Giacinto Lombardi

Odiai mio padre
quando varcata la porta rossa,
mi chiese irridente:
“quanto hai guadagnato?”
Odiai
il mercantilismo piccolo borghese
della sua generazione
odiai
l’ottusità dell’uomo
che non comprende
il karma del figlio
purificatore delle colpe degli avi.


Ma mio padre lo sapeva
quale inferno si celava
dietro il complotto degli eguali
lui conosceva
il nulla,
il nichilismo greco redivivo
sotto i fulgori
degli inni delle masse.
Lui conosceva il non senso
di facili epopee
irredentiste
ed il niente sotto la bandiera.


Ora tutto è chiaro
tutto fu chiarito
al cospetto della donna:
“Non c’è differenza
tra il rapinatore e il rapinato,
nessun contrasto
tra il guerriero e l’assassino,
alcuna diversità
tra l’amante e il cliente,
il dono e l’inganno:
Tutti figli dello stesso stupro!
Aborti mancati
di gravidanze non volute,
errori di Gea,
invidia di Dio
della grazia della madre.


E loro tacquero,
posero grati
il capo di serpente
sotto il piede della donna
liberati, forse, dal dovere di mordere
la mano che nutre.
Tacquero
E non vollero ricordare
la scienza e la poesia
il medico e il soldato
l’oracolo e lo statista.
Tacquero
E rinnegarono i padri,
i figli, i nonni, i fratelli e se stessi…


Tutti figli dello stesso stupro!
Aborti mancati
corpi rifiutati
sangue rinnegato
intelligenze dannose e distruttive
al cospetto insondabile del mistero
della Grande Madre.
Tutti colpevoli,
tutti eguali finalmente
nella morte psichica
della colpa primigenia.
Tutti dannati e affratellati
nel sordido abbraccio
della madre colpa,
della madre morte.


Ti giunga gradito
padre
al di là delle stelle
il ravvedimento del figlio.