Torri di odio gemello

di Rino Barnart
settembre 2001

Iperboli della coscienza tra cento paradossi, attorno a ciò che è accaduto ed a quel che accadrà, tra Guerra di Civiltà e Guerra dei Sessi, con quattro premesse: 1- è uno scontro di Civiltà (ciò vale per molte guerre e per tutte le Guerre Interminabili) 2- non esistono i buoni ed i cattivi (i miei nemici non sono più cattivi di me) 3- sto dalla mia parte, dalla parte della mia Civiltà e del mio Genere. 4- E' ora di tornare a casa.

Guerra. Si è parlato di atto di guerra, e l’Occidente ha formalizzato, ufficializzato la cosa. Una guerra diversa dalle altre ma pur sempre tale. Secondo alcuni quella definizione è errata, strumentale e pericolosa, trattandosi invece di terrorismo internazionale da combattere, ma non di una guerra. Sia come sia, da oggi l’Occidente è in guerra.

Ma questa è solo la presa di coscienza di un fatto preesistente. Già eravamo in guerra ed ora lo sappiamo.

Ogni Civiltà, per il solo fatto di esistere è in eterno conflitto con tutte le altre. Conflitto non sempre cruento, per lo più “pacifico”, ma pur sempre lotta per non retrocedere e, se possibile, per espandersi.

Tra l’Occidente e l’Islam oggi è conflitto tanto “pacifico” quanto cruento, cioè guerra. Guerra tra Civiltà significa guerra tra modi di sentire, di valutare, di giudicare, di sognare. Tra scale di valori sul bello e sul brutto, sul buono e sul cattivo, sul giusto e l'ingiusto. Tra modi di nascere e di morire, insomma tra modi di vivere, tra diverse forme di esistenza, tra incommesurabili universi di Senso.

Nessuna è migliore dell’altra (perché non esiste una Meta-Civiltà che le soppesi), lo sappiamo, ma al tempo stesso sappiamo anche che ognuno sente che la sua Civiltà ha – per lui - qualcosa di meglio e di più delle altre, qualcosa cui non può rinunciare. Magari ammiriamo nelle altre qualcosa che la nostra non ha, nondimeno preferiamo la fine delle altre alla fine della nostra. Per questo piangiamo sui nostri morti e non su quelli altrui.

Anche quello tra i sessi è un conflitto tra Forme viventi, uno scontro per la definizione del Bene e del Male, anche qui è in gioco la forma che il mondo deve avere. Perciò le donne occidentali piangono sul male che subiscono ma non su quello che fanno. Piangono per i nostri oltraggi ma non per i loro.

Terrorismo. Sembra un fenomeno nuovo, roba degli ultimi 30 anni. Ma le azioni “terroristiche” non sono altro che delle imboscate in grande stile, delle sortite fuori dalle mura della città assediata (Civiltà assediata). Che le altre Civiltà si sentano assediate non sta a noi dirlo, sta a loro, come non spetta al femminismo e alle donne occidentali stabilire se i maschi siano assediati. E come altre Civiltà hanno stabilito di essere assediate, così noi abbiamo stabilito che i maschi in questo Occidente sono assediati. Noi descriviamo la nostra esperienza, noi raccontiamo la nostra storia, gli Altri e le Altre la loro.

Bollare come “terroristi” coloro che ci terrorizzano e ci uccidono serve ad isolare - in qualche modo - la loro esistenza dal resto del mondo, serve a caricarci di odio e di rancore, a sentirci “vittime” cioè “buoni” e “migliori”. Banale propaganda, ben esercitata – come è necessario - da entrambe le parti. In realtà si tratta semplicemente di nemici che combattono la loro guerra.

L'obiettivo dei nostri nemici è la nostra sconfitta, la riduzione della nostra forza, la nostra rovina, la nostra morte e – se possibile - la fine della nostra Civiltà. In ciò non vi è nulla di male perché ogni Civiltà – come ogni forma vivente – non ha altro scopo che l’espansione di se stessa a prescindere da ogni altra, contro ogni altra ed a danno di ogni altra.

Che i nostri nemici ci vogliano morti è la cosa più naturale di questo mondo. Dobbiamo riconoscere che questo non è un motivo sufficiente per definirli criminali e meno ancora per odiarli. E’ però un motivo sufficiente per combatterli, ridurli all’impotenza e, se necessario, eliminarli.

Se si assume di essere in guerra l’idea stessa di “terrorismo” scompare. Ogni azione del nemico è un atto di guerra, ogni colpo che ci infligge è azione di guerra. Non lo si può accusare di viltà come se ci colpisse a tradimento. E’ in guerra contro di noi, perciò ci colpisce, deve colpirci e lo fa quando gli pare, come gli pare e senza preavviso. Non si pretenderà che ci informi del dove, del come e del quando. Se oggi non ci colpisce è perché non può farlo. Lo farà domani.

Se si assume di essere in guerra scompare anche ogni idea di “fanatismo” o di “follia” del nemico. Ogni “terrorista” diventa quello che è: il combattente di una diversa causa, la sua causa, la sua Civiltà. Ci sembra barbarie? Lo è, ma solo dal nostro punto di vista, che è quello della nostra Civiltà. Se vuole la sconfitta (e la scomparsa) della nostra Civiltà, egli è “barbaro” per definizione. Anche noi siamo barbari dal suo punto di vista. Lo sapevamo. Ci chiama "Corruttori del mondo" e "Peste dell'umanità".

Combatte senza divisa? E’ egualmente un combattente. Lo vediamo come fanatico, ma cosa significa qui “fanatico”? Che è disposto ad uccidere ed a morire per la sua Civiltà. Anche noi siamo “fanatici” della nostra. Lo si vedrà fra qualche mese. Non guarda in faccia nessuno? Neppure noi guardiamo in faccia nessuno. Esulta per le nostre sconfitte? Anche noi esulteremo per la sua sconfitta. Fa festa perché moriamo? Anche noi (nel profondo del nostro cuore) faremo festa. Diremo “Evviva! I terroristi sono stati eliminati!” e ringrazieremo il nostro Dio, come essi ringraziano il loro. Il nemico fa festa quando moriamo e fa bene, perché siamo i suoi nemici. Anche noi faremo festa (benché in silenzio e pudicamente) quando lui morirà e non senza ragione, visto che ci vuole morti.

Anche Lei celebra la nostra sconfitta, anche Lei festeggia la nostra rovina irridendo alla "patetica crisi di identità maschile" anche Lei gode della caduta del potente, dell'antico predatore, del padrone del mondo e sente come bene per sé ciò che è male per noi. Non può essere altrimenti.

E’ una guerra tra Civiltà ed in una simile guerra non ci sono “terroristi” “fanatici” o “criminali”. In questa guerra non esistono né Bene né Male, perché sono appunto le Civiltà che definiscono cosa sia bene e cosa sia male. Combattono al di fuori di ogni regola e convenzione? Si capisce; regole, leggi, principi e convenzioni sono figlie, non madri, di ogni Civiltà. Si lasci che una Civiltà nasca, cresca, vinca e viva ed allora si vedranno fiorire le regole, i principi, le leggi, il Bene ed il Male. Prima della sua vittoria non si può avere altro che un confronto tra forze. Nessuna regola, nessun principio.

Avete voi visto donne occidentali rispettare verso gli uomini un solo principio, una sola di quelle regole, di quei diritti, di quei "sacri valori" di cui esigono il rispetto, di cui si proclamano paladine? Uno che sia: quale?

(Del resto, quale valore, quale principio, quale regola può rispettare Colei che ha individuato nel suo corpo il solo, unico valore?)

Una sola lealtà, vincere; una sola fede, vincere; una sola coerenza, vincere; un solo amore: vincere. Vincere: imporre al mondo propria forma, salire nella scala degli Esseri.

Titola il “Corriere”: “Attacco all’America e alla civiltà”. All’America e all’Occidente sicuramente, ma non alla “Civiltà” bensì, semplicemente, alla Nostra. La sola che abbiamo, la nostra forma di vita, la nostra forma di esistenza.

Scrive Barbara Spinelli: “L’acme dell’estasi per il moderno kamikaze è raggiunta subito dopo il crimine, quando l’uomo occidentale abbassa attonito lo sguardo sulle rovine e, paralizzato da stupefazione, dice le parole fatidiche: ‘un mondo – il nostro mondo – è finito’. Questa è una pagina assolutamente nuova inconcepibile, inimmaginabile nella storia dell’umanità.”

Poveretta. Cos’altro è la storia se non il succedersi, il combattersi, l’alternarsi di mille Civiltà? Cos’è una Civiltà se non una forma di vita che si fa strada tra le contemporanee, che si espande, si estende, si accresce con la lotta, il conflitto, la guerra? Quale spazio può occupare se non quello già occupato da un’altra? Dove può estendere la sua forma se non nelle terre altrui? Cos’altro è il delirio della vittoria se non la scomparsa dell’Altro? “Crimine”: quale crimine? Se non lo è il male che colpisce l’altro perché mai dovrebbe esserlo quello che colpisce noi?

Cos'è la Guerra Civile dei sessi se non una lotta tra due forme viventi? Se non fu crimine l'infinito male che infliggemmo alle femmine - così narra il loro Racconto - perché mai dovrebbe esserlo quello che ora esse infliggono a noi?

Odio. E’ vero che quando si odia non si capisce più niente ma non è vero che esso sia inutile. Al contrario, meno si capisce e più utili, più docili strumenti si diventa nelle mani della propria Civiltà. Combattenti ciechi e “fanatici”, “pazzi”. Proprio quel che ci vuole per combattere, distruggere e uccidere senza sentimentalismi, per diventare kamikaze.

L’odio ci anima, ci mette in azione, ci fa fare cose che altrimenti non faremmo. Perciò è necessario dipingere il nemico come mostruoso, orrendo e disumano. "Criminale" " Assassino" "Nemico della civiltà" o, a rovescio, "Corruttore del mondo" e “Grande Satana”. “Il nostro mestiere è quello di istigare e, con l’aiuto di Dio, noi l’abbiamo fatto” dice Bin Laden. L’odio è il fuoco necessario, ma si capisce che debba essere attizzato ed alimentato. Tenerlo vivo non è una sinecura, ma in ciò – per fortuna – i nemici si aiutano l’un l’altro. Le torri dell'odio crescono e crollano insieme. Si sa.

Se non riusciamo più ad odiare i nostri nemici – ed io non ci riesco – è perché l’universale smutandamento di ogni ragione, di ogni fede, di ogni mito, esito di un deforme sviluppo della coscienza – celeste e tragico dono occidentale – ci ha lasciati accasciati sotto le macerie di tutte le utopie. Le nostre e le loro, indifferentemente.

Ma perché ci odiano tanto? Non abbiamo forse creato anche per loro cose straordinarie? Non è forse grazie a noi che da cinquecento milioni sono diventati cinque miliardi? Siamo di corta memoria. Non fu forse detto che:

"L'odio si acquista così facendo del male come facendo del bene"

(N. Machiavelli)

Cos'è quella dei sessi se non la nuova guerra civile figlia dell'odio antimaschile nato tanto dal male quanto dal bene che le femmine occidentali hanno avuto da noi? Come puoi non odiare colui che per te ha fatto quel che tu sai di non poter mai fare? Come puoi non odiare colui che ti ha donato ciò che non puoi ricambiare? Non siamo forse saturi di odio verso ogni gesto che non capiamo e di cui non siamo all'altezza? Se le nostre donne ci odiano a causa del bene, quale stupore che il resto del mondo - Indù e Maomettani, Confuciani e Taoisti, Lakota e Bantu - lo facciano a causa del male?

Homo homini lupus:

"Non importa cosa sia bene o male per gli altri (Indù o Amerindi, Maomettani o Buddhisti) importa solo cosa è bene per noi". Così parlò l'Occidente cinque secoli fa e così ha continuato a parlare.

Femina homini lupa:

"Non importa cosa sia bene o male per gli uomini, importa solo cosa è bene per le donne" Così parlò il femminismo. (M. Schneir - 1996).

Homo homini lupus:

"Non importa cosa sia bene o male per l'Occidente, importa solo cosa è bene per l'Islam". Così parlò Bin Laden.

Che poi il "bene" del presente si rovesci nella rovina del futuro, questa è la banalità più ovvia del mondo.

Innocenti. Si intende che siano innocenti le vittime civili, quelli che “non stanno combattendo” o che “non hanno mai dichiarato la guerra” e poi, per andare sul classico, i vecchi, le donne, i bambini. Sarebbero innocenti persino quei maschi-bianchi-adulti-sani che non portano la divisa. Anch'io dunque sarei innocente. Ma coloro che quella divisa portano, di cosa sono colpevoli?

Nella guerra tra Civiltà ed in quella dei Sessi non esistono innocenti perché non esistono colpevoli. Le forme viventi si combattono: una avanza, l'altra arretra. Alle migliaia di morti di Manhattan risponderemo con migliaia di morti islamici, uomini in divisa, senza divisa, donne, vecchi, bambini. Quel che capita, capita. Di cosa sono colpevoli? Di appartenere ad un’altra Civiltà. Stiamo tranquilli, per quanto possiamo rattristarci davanti a 20 o 50 mila islamici morti, non riusciremo a piangere.

Nessun islamico piange sui nostri morti e noi non piangeremo sui loro. E’ guerra tra due Civiltà. Al più, potremo vergognarci di vedere vecchi e bambini fatti a pezzi e temeremo la controrappresaglia che potrà colpirci e che certamente ci colpirà. Ma non possiamo confondere un pizzico di vergogna mescolata a molta paura (terrore) con la sofferenza per la morte dei nostri nemici, questa auto-bugia non possiamo più permettercela. Io non riesco a raccontarmela, voi ci riuscite?

Non piangeremo. Ci commuovono le tragedie personali, le chiamate disperate dei semisepolti, gli amanti che si gettano allacciati dal 70° piano. I nostri che piangono, i nostri che muoiono. Le nostre TV rinnovano senza fine l’urto emotivo di quelle scene, affinché la compassione per noi stessi e l’odio contro il nostro nemico si incrementino. Quando accadrà agli altri non ci commuoveremo. E’ una cosa della quale un po’ ci vergogniamo, si capisce, perché siamo occidentali, universalisti, umanisti, siamo la Civiltà dell’Amore.

Ah, quella loro libertà, che noi non abbiamo, di gioire apertamente, senza pudori, del terrore e della fine dei nemici.

"Un flagello del mondo maschilista" è per Lei il suicidio delle femmine, "Inettitudine alla vita" il nostro che è quattro volte più grande. Non piangono su di noi. Non piangeranno.

Ah, la sua libertà, quella che Lei ha e di cui nulla capiamo, di godere della nostra impotenza, di danzare sulla soglia del nostro inferno, di celebrare la nostra rovina. La devastazione dell'Altro: la vittoria.

Quando li colpiremo, come è accaduto, come accade ogni giorno nella Terra che fu Santa, saranno le loro televisioni a raccontare quelle tragedie, a ripassare cento volte la telecamera sugli occhi in lacrime dei loro orfani. Rappresenteranno mille volte quella sofferenza, affinché l’odio – motore della storia – si accresca ancora e nuovi kamikaze siano pronti a colpirci. Nuovo odio - nuovi nemici - nuova Storia.

Nuovo rancore - nuove nemiche - inimmaginabile futuro.

Dice il cronista: “L’attacco agli Usa non ha fatto che incrementare la determinazione degli americani a difendersi, ha rinsaldato il vincolo nazionale”. Ragionevole. La nostra rappresaglia cos’altro farà se non rinsaldare l’unità degli altri e incrementarne la determinazione nel combatterci? La rappresaglia rafforzerà quei nemici che vorremmo invece vedere indeboliti.

Quel che è male per loro, quel che è male per noi, accadrà.

Così parlò dalle foci dell'Hudson:

"Andate, maschi, ancora una volta, andate ad ammazzare e a farvi ammazzare. Andate per il mondo a difendere i miei diritti, ad espandere le mie conquiste, andate a fare giustizia!" Giustizia: oddio! quant'è vereconda la Vendetta con le mutande.

E questo udimmo sulle rive del Tevere:

"Sapremo ben noi rubricare (e verrà presto il giorno) le vostre nuove stragi, i vostri attesi massacri nel registro dei vostri delitti. Se al potere ci fossimo noi tutto questo non accadrebbe: pagherete caro, pagherete tutto".

Pagheremo.

Sto dalla mia parte.

Sto dalla parte della mia Civiltà. Non gioco a fare l'universalista, il “buono e giusto” - patologia autoerotica occidentale – sto dalla mia parte perché non posso stare da nessun’altra. Difendo la mia Civiltà perciò non voglio rappresaglie, non voglio "giustizia" dalle mutande trasparenti. Questa Civiltà mi ha dato forma e sostanza, difendo la mia forma e la mia sostanza. E’ Madre della mia coscienza, difendo mia madre. Non mi attendo la punizione dei “colpevoli” perché i nemici non sono colpevoli di essermi nemici.

Me lo ha insegnato la mia Civiltà, per questo la difendo.

Sto dalla parte del mio Genere, non gioco a fare il cavalier servente, non mi pento di essere innocente, non abiuro a ciò che sono, non mi rinnego. Vado all'Inferno difendendo la mia forma, non mendico il Paradiso tradendo la mia anima.

Che fare?

IL GRANDE RITORNO

A casa, fratelli, a casa!

A casa i maschi in Occidente, a riprendere per mano i nostri figli, a risanare le femmine, a guarire noi stessi, la nostra anima ed il nostro destino. A casa per guarire l'Occidente da se stesso. Via dalle carriere, dal potere formale, dalle poltrone, dal successo. Via dalla "roba". Via dalla materia, verso lo Spirito.

A casa gli occidentali dai quattro angoli del mondo per sottrarre questa Civiltà all'odio universale, per salvare noi stessi dalla follia della conquista terrestre, che è solo conquista terrena. A casa per dare salvezza alle creazioni delle altre Civiltà, alle mille manifestazioni dello spirito maschile. Via dalla terra altrui perché non vi è più terra dove andare. Via dalla terra verso lo Spirito.

Un solo moto, materiale e simbolico verso l'interno, da praticare verso casa e fuori dall'Occidente verso la Grande Casa, una redirezione del cuore e della mente verso quel nucleo - il nostro nucleo - che abbandonammo all'alba della modernità, all'avvio di una corsa da forsennati verso la gloria dell' Instauratio Magna, la Grande Conquista, gloria non del tutto falsa, certo non del tutto folle, ma divenuta da troppo tempo nemica dell'anima dell'Occidente e - alla fine - del mondo intero. Di tutto ciò che è stato creato.

Un solo moto del corpo e dell'anima per guarire l'Occidente da se stesso ed il mondo dalla malattia occidentale. La grande inversione, il Grande Ritorno: a casa, fratelli, a casa!