di Armando Ermini
luglio 2003
Scrive, fra l'altro, Michele Vignodelli: "Ricostruire un'identità maschile, ma anche autenticamente femminile, non può quindi prescindere da una critica radicale della civilizzazione urbana. Fenomeno che disegna la sua grande parabola fuori da ogni possibile controllo umano, inattaccabile a ogni riforma che non sia la facciata di un nuovo livello di asservimento dell'uomo e della natura, e a cui ci si può sottrarre solo con una consapevole evasione. Dalla prigione urbana non si esce in massa, ma solo uno per volta."
L'articolo nel suo complesso è molto stimolante e pone diversi problemi. Riporto questa parte perché sono d'accordo sulla necessità di una critica radicale alla civiltà urbana, che coincide colla modernità, e sull'addomesticamento come castrazione. Foucault parla del "controllo sui corpi" come necessità del potere. E descrive diffusamente i metodi attraverso i quali i corpi dei soldati, e con essi la mente, venivano plasmati attraverso una "educazione" ai gesti, alla loro misura, ritualità e ripetitività. E sono d'accordo anche sul fatto che qualsiasi movimento di "massa", in cui l'individuo si identifica con essa, non ci faccia uscire dalla prigione, ma ne riproponga una nuova. Mi chiedo però se sia possibile l'uscita individuale di tutti gli esseri umani o di una loro maggioranza, perchè è evidente che la consapevole evasione di pochi lascia intatta la struttura del potere. Ossia mi chiedo, senza rispondermi, se nella civiltà di massa è possibile il raggiungimento di una consapevolezza individuale per un gran numero di persone. E soprattutto verso cosa ci dovrebbe portare questa consapevolezza, perchè nell'articolo si critica la società urbana ma anche quella agricola.
Si critica cioè, mi sembra di capire, il concetto stesso di civiltà, facendo risalire l'inizio dell'addomesticazione a dodicimila anni fa. Io credo che il processo di addomesticazione abbia assunto una grande accelerazione soprattutto negli ultimi secoli, e che, in precedenza, pur con grandi problemi e contraddizioni irrisolte, c'era uno sforzo, anche concettuale, per mantenere una corrispondenza fra ordine istituzionale e ordine "naturale", nel quale aveva grande parte il concetto di Sacro. Ogni cosa può naturalmente essere soggetta a critiche. Il punto è però che oggi è saltato lo stesso concetto di ordine naturale. La domanda che ci dobbiamo porre è come cercare di recuperarlo, nelle forme e nei modo possibili. "Un certo tipo di patologia maschile, in forma narcisistica ed egocentrica,veniva attivamente coltivata dalla società con una sapiente miscela di mammismo iperprotettivo e assenza cronica del padre per lavoro". In questa frase io trovo una spiegazione di quello che sta avvenendo ed una chiave di risoluzione possibile. Se cresce la consapevolezza dell'importanza del padre nel rapporto coi figli come trasmettitore di identità, di valori come il dono di sé e come ponte verso il mondo (non certo, ovvio, per cambiare i pannolini come qualcuno vorrebbe) e quindi rivalutasse il senso della sua figura maschile, automaticamente si ridimensionerebbe il mammismo iperprotettivo con i suoi corollari di narcisismo ed egocentrismo. E con essi entrerebbe in crisi la modernità. Va da sé che sto banalizzando problemi complessi, ma un nucleo di verità esiste. Inutile dire che sono d'accordo sulla critica all'interpretazione femminista dei processi descritti che non sa sollevarsi dalle mere apparenze, e di queste volutamente trascura aspetti importanti.