La nebbia trasparente del Secolo Bambino

di Rino Barnart
settembre 2001

E' davvero un fitta nebbia che avvolge ogni cosa. Ma è una nebbia invisibile e questa invisibilità è il primo ostacolo che si para davanti alla coscienza maschile, perché non si tratta di un impedimento al vedere, al contrario, è l'eccesso di trasparenza che rende il tutto in-percepibile. E' la pre-comprensione dell'insieme e dei dettagli, formatasi sull'impronta di quel che da generazioni viene trasmesso con ammirevole perseveranza e sorprendente tenacia, è questa universale pre-conoscenza che tutto obnubila e tutto nasconde. (Cibo premasticato trasferito direttamente nella bocca dell'altro - il nuovo bambino - con un lungo, materno, amoroso bacio? Caso clamoroso di rieducazione di massa applicata su scala bicontinentale? Esempio mai visto di plagio universale?).

C'è troppa luce. Di troppa luminosità e chiarezza sono circondate tutte le cose perché qualcuna di esse possa essere vista.

Cosa faremo? Andremo dunque a gridare - come nuovi invasati - che la luce stessa è diventata causa di oscurità?

Uno di quei paradossi tanto cari alla filosofia quanto sterili nei loro effetti. Graditi appunto perché sterili.

Forsennati, urleremo dai tetti una verità ridicola - la nostra - per esserne definitivamente schiacciati?

I fatti, i fatti! Ci appelleremo ai fatti fingendo che siano questi a spiegare la Spiegazione anziché questa a dar ragione di quelli? Non sono forse stati già tutti spiegati? Cos'è rimasto da capire?

Anti-Utopia. Diventeremo allora paladini di un anti-mito, missionari di una anti-causa, la nostra, quella che porta il nome del Male? E' tutto così chiaro.

L'ignoto di coloro che conoscono è il noto di coloro che non conoscono

[Kena Upanishad]

Una grande presunzione - l'ingenua tracotanza di una civiltà cui pare di aver tutto visto e tutto capito - incrementa poi questa luminosa oscurità che tutto ingloba. Cosa potrebbe accadere che non si sia già visto? Cosa mai che non potremmo immediatamente comprendere? Cosa ancora che non sia già stato pensato dalle mille filosofie cresciute nell'orto occidentale? Come potrebbe accadere qualcosa che ci colga impreparati, che sfugga al nostro sofisticato sentire, alla nostra sensibilità raffinata? Andiamo! Se fosse accaduto qualcosa ce ne saremmo accorti, non siamo forse già sin troppo coscienti?

Neppure la tentazione di un gioco intellettuale, neppure la vanità della trasgressione, neppure il prurito dell'andar contro corrente e di fare il bastian contrario, neppure queste bassezze (da sempre feconde) hanno imposto ad una qualche mente - una che fosse - di tracimare dal saputo e di dirsi: "Un'altra Mente mi possiede! Oh luminoso giorno! Sento che nulla sta accadendo perciò tutto accade. Mi sento al tutto sano perciò sono malato. Mi racconto di esser libero e per questo non lo sono. Non mi sento posseduto perciò qualcuno certo mi possiede".

Esercizio elementare di cui non si è visto pioniere. Per questo oggi pensiamo ciò che avremmo dovuto trovar pensato, perciò scriviamo quel che avremmo dovuto leggere.

Come non sospettare, come dimenticare - dopo tremila anni di coscienza - che l'ovvietà è figlia primogenita dell'incoscienza? Eppure - ancora una volta - il noto si è parato tra noi e l'ignoto. E' accaduto.

Come rappresentare dunque a questa nostra ingenua coscienza l'esistenza di un velo che non vela, di una oscurità che non oscura?

Chi potrebbe credere che quella trasparenza che rende tutto ovvio, saputo e compreso, proprio quella sia causa e prova che niente è capito, niente compreso, niente percepito.

Quale miglior nebbia di quella che non si vede? Quale più gradito buio di quello che tutto illumina? Quale miglior cecità dell'abbaglio?

Da un velo dorato è celato il volto del vero

[Isha Upanishad]

Da un velo che non vela, da una oscurità che non oscura, da un nascondimento che non nasconde è celata al cuore degli uomini la trama di questo tempo, la forma della loro esperienza, la cifra del Secolo Bambino.